Fioriere di recupero

Fioriere di recupero
Giardino

Vecchie assi, rami e tronchi interi o smezzati, bigoncie e mastelli fuori uso, casse da imballaggio e altro ancora danno fioriere originali ed economiche

Non c’è reparto giardinaggio dei grandi magazzini o dei supermercati né negozio o magazzino specializzato nel campo che non abbia in mostra innumerevoli tipi di fioriere, d’ogni forma, misura e materiale.
Ma se c’è un campo in cui chi fa da sé può far valere, e con pochissima spesa, la sua abilità è proprio questo.
Del resto, basta girare per le cascine e le masserie per vedere come le massaie riescono a trasformare in fioriera qualunque oggetto: dal vecchio copertone del trattore al decrepito mastello di lamiera zincata, dal fusto dell’olio alle cassette della frutta, non c’è tipo di contenitore che non abbia solleticato l’inventiva di chi, pur amando i fiori, non ritiene morale (proprio questa è la parola) dissipare i beni di famiglia per quello che, visto da chi dalla terra trae i propri mezzi di sostentamento, è, in fin dei conti, solo un capriccio estetico.

Una fioriera, in sostanza, non è che un recipiente destinato ad accogliere le piante ornamentali o aromatiche, sia direttamente riempita di terra sia come supporto per vasi e cassette. Ciò che le si chiede è perciò di resistere tanto all’umidità quanto al peso, e uno dei materiali che meglio si prestano a entrambi i compiti è il legno. Se una volta a questo servizio dovevano essere destinati solo legni naturalmente resistenti all’umidità, come l’ontano, l’olmo, il cipresso e il castagno, per citare i più comuni, oggi che la chimica ha inventato gli impregnanti, qualunque legno, perfino pioppo e salice, opportunamente trattato, industrialmente o in casa è in grado di resistere agli attacchi di funghi, muffe, insetti e quant’altro.
Se la chimica ci dà una mano, un’altra ce la deve dare il buon senso. Una fioriera, sia che la si riempia direttamente di terra sia che la si usi come portavasi, non dev’essere una vasca per i pesci: deve consentire lo scolo dell’acqua d’annaffio (e quindi avere il fondo opportunamente sollevato da terra e forato) e una qualche circolazione dell’aria, che espel­la l’umidità eccessiva (e perciò avere le pareti aperte da fessure, e­ventualmente foderate di torba così che la terra non ne esca). Garantite entrambe le condizioni, il resto è affidato a fantasia e abilità del realizzatore.

Classica Montanara: il tronco, che una volta veniva scavato con la zappetta e lo scalpello, oggi invece con la sega a catena, non ha fori di ventilazione (ma sempre quelli di scolo) e quindi va usato o come portavasi o per piante che godono di terra perennemente umida. I piedi non sono quasi mai fissi ma lavorati in modo da adattarsi alla curvatura del tronco.

 

I vecchi mastelli d’ontano od olmo, soppiantati nell’uso corrente da quelli di plastica, assai più leggeri, si prestano ottimamente e con modifiche minime alla funzione di fioriera.

Due casse con le pareti e il fondo di assicelle opportunamente spaziate, inchiodate su un telaio di travicelli, collegate da una tavola diventano un’insolita panchina fiorita.